domenica 22 luglio 2012

Accadde a PRATO 28 luglio 1312 - Musciattino il furto della SACRA CINTOLA

Sono passati 700 anni da quella famosa notte quando Musciattino tentò di sottrarre la Sacra Cintola ai pratesi

«Aprite Pistoiesi, ecco la Cintola de’ Pratesi». Chi non conosce il grido di Musciattino davanti alle immaginarie porte di Pistoia?  

Quella frase fa parte dell’immaginario collettivo dei pratesi, dice la storia e l’identità di un popolo, costruite intorno alla reliquia della Cintura di Maria. Fu proprio tra il 27 e il 28 luglio del 1312 che Giovanni di Ser Landetto da Pistoia, chierico secolare ribattezzato con lo strano nomignolo di Musciattino, tentò di sottrarre ai pratesi la Cintola della Madonna. È il più famoso tentativo di furto che la storia cittadina ricordi. E proprio in questa data, il 28 di luglio appunto, quasi a voler riparare nei secoli quell’atto sacrilego, la Chiesa di Prato festeggia la Madonna sotto il titolo proprio «Del Sacro Cingolo». Se famosa è la storia di Musciattino, poco lo è questa festa. I pratesi infatti da secoli si stringono intorno alla «loro» Madonna e alla loro reliquia in cinque date all’anno: Pasqua, primo maggio, Assunta, 8 settembre e Natale. Ma la festa più cara è quella di settembre, in cui la Chiesa ricorda la Natività di Maria. Eppure il calendario liturgico della nostra Diocesi ha una festa «propria» della Madonna del Sacro Cingolo - il 28 luglio appunto – effigiata nella statua capolavoro di Giovanni Pisano (1301 circa).

 Come narra la tradizione, quella notte di sette secoli anni fa, Giovanni di ser Landetto da Pistoia, un chierico secolare detto anche Musciattino, tentò di sottrarre ai pratesi la Cintola della Madonna per portarla nella vicina città rivale. Ma qualcosa andò storto, la storia dice che il ladro divenne improvvisamente cieco, probabilmente punito per il vile furto, e così continuò a vagare per le navate della pieve di Santo Stefano, oggi duomo di Prato. Musciattino credette di essere arrivato davanti alle mura di Pistoia, e invece si mise a bussare al portone della chiesa. Il ladro fu acciuffato e punito in modo esemplare: gli furono tagliate le mani, fu legato alla coda di un asino, condotto sul Bisenzio e qui bruciato. Sullo stipite di una delle porte laterali del Duomo (quella presso l’angolo formato dal campanile) si dice sia rimasta, a estrema testimonianza, l’impronta della sua mano sacrilega.



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