domenica 29 luglio 2012

80' mania la canzone della settimana - Comanchero - Moon Ray ^_*

 Disco Mania Anni80♫♫ 
-                    Moon Ray o Raggio di Luna è lo pseudonimo di una cantante italiana molto attiva negli anni ottanta. Non si hanno molte notizie sul suo conto, ma il singolo Comanchero, ballatissimo nelle discoteche e vero tormentone passato dalle radio di mezza Europa, rimarrà nella storia della musica. Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o Oh can you see, he is the one Day after day, he is riding in the sun He's travelling through deserts all alone I will bring the comanchero his tomahawk His lonesome walk, his lonesome walk Who's in mind of comanchero: a man of law A pretty squaw, a pretty squaw Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o I will bring the comanchero his tomahawk His lonesome walk, his lonesome walk Who's in mind of comanchero: a man of law A pretty squaw, a pretty squaw Who will join the comanchero where eagles fly Where horses ride, where horses ride Will the road take comanchero to his tee-pee Or to the sea, or to the sea Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o Comanchero, comanchero, comanchero, comanchero-o

sabato 28 luglio 2012

CAMPIONI TOSCANI DELLO SPORT : ZENO COLO'

Zeno Colò (Abetone, 30 giugno 1920San Marcello Pistoiese, 12 maggio 1993) è stato uno sciatore alpino italiano.Fu uno degli sciatori italiani più forti di tutti i tempi, primatista mondiale del chilometro lanciato e campione mondiale e olimpico negli anni 1950.
A causa della Seconda guerra mondiale Colò visse una breve carriera agonistica internazionale: dopo aver iniziato a gareggiare a quattordici anni ed essere entrato nella nazionale a quindici, fu coinvolto nel conflitto mondiale (a Cervinia fece parte della pattuglia sci veloci insieme al maestro di sci e guida alpina Gigi Panei), subendo in seguito anche la prigionia, e riprese a gareggiare nel 1947, a 27 anni. Quell'anno sul Piccolo Cervino a Breuil-Cervinia stabilì il nuovo record del mondo sul chilometro lanciato con circa 160 km orari ..battendo il precedente primato di 136 km/h di Leo Gasperl che resisteva da sedici anni. Anche il record di Colò sarebbe stato duraturo, rimanendo imbattuto per diciassette anni. Con la sua "posizione a uovo alto" fu il precursore della posizione a uovoche ancora oggi tengono i discesisti per ridurre l'attrito aerodinamico, ma, a differenza dei suoi successori, Colò usava sci di legno e non indossava il casco.
L'anno dopo partecipò alle Olimpiadi di Sankt Moritz 1948, classificandosi 14° nello slalom speciale e senza piazzamento in discesa libera a causa una caduta, e vinse la discesa del Lauberhorn; nel 1949 vinse la discesa e la combinata dell'Arlberg-Kandahar e lo slalom del Lauberhorn, risultato quest'ultimo bissato nel 1950
Sempre nel 1950 fu il protagonista dei Mondiali di Aspen, negli Stati Uniti: fu primo nella discesa libera e nello slalom gigante, e sfiorò l'en-plein nello slalom speciale, finendo secondo a tre decimidallo svizzero Georges Schneider dopo essere stato in testa al termine della prima manche Entrambe le sue vittorie possono essere considerate storiche: Colò fu il primo, e finora unico, italiano a vincere la discesa libera ai Mondiali, e anche il primo campione mondiale della storia nello slalom gigante, disciplina che venne introdotta proprio in quell'edizione. Dopo i Mondiali Colò, ormai soprannominato "Star of Aspen" ("stella di Aspen"), prolungò la sua trasferta in Nord America vincendo i Campionati nordamericani .
Due anni dopo partecipò per la seconda volta ai Giochi olimpici. A Oslo 1952 non riuscì a difendere il titolo mondiale nello slalom gigante, dove fu quarto. Il giorno dopo si confermò invece nella discesa libera: il 16 febbraio fu il più veloce degli ottantuno concorrenti sui 2600 m della pista di Norefjell, con il tempo di 2'30"8, pari a circa 62 km/h. La stampa italiana lo ribattezzò "Il Falco di Oslo". Fu la prima medaglia d'oro per l'Italia nello sci alpino ai Giochi olimpici invernali, tuttora l'unica di uno sciatore italiano nella discesa libera. Qualche giorno dopo concluse le sue prove olimpiche con lo slalom speciale, dove fu quarto.
Dopo le Olimpiadi di Oslo Zeno Colò legò il suo nome a un modello di scarponi da sci e a una giacca da sci. In base ai regolamenti dell'epoca venne quindi ritenuto professionista: nel 1954 fu squalificato dalla Federazione Italiana Sport Invernali (FISI) e non poté partecipare alle gare successive. La squalifica suscitò proteste da parte dello sciatore dell'Abetone, che tentò invano di essere riabilitato, e polemiche nell'opinione pubblica per l'esclusione del campione dalle competizioni internazionali. Fu la fine della sua carriera agonistica internazionale: ai Mondiali del 1954 a Åre fu presente solo come apripista nella discesa libera, fu comunque cronometrata la sua prestazione risultando la seconda assoluta, e alle Olimpiadi di Cortina d'Ampezzo 1956 come semplice tedoforo.
Ai Campionati italiani conquistò ventotto medaglie: nove in discesa libera, quattro in slalom gigante, dieci in slalom speciale e cinque in combinata.
Palmarès  

Olimpiadi 

Mondiali  

  • 3 medaglie, oltre a quella conquistata in sede olimpica:

Campionati italiani  

CAMPIONI TOSCANI DELLO SPORT : FRANCO BITOSSI

                                                              Franco Bitossi, cuore matto
Brano tratto dal libro di John Foot "Pedalare! La grande avventura del ciclismo italiano" ed. Rizzoli 2011
Fu una delle scene più curiose di tutta la storia del ciclismo, ma negli anni sessanta e settanta i tifosi ci fcecero l'abitudine. Un ciclista professionista si fermava improvvisamente e scendeva dalla bicicletta, nel bel mezzo della gara, e restava lì fermo. Ad aspettare. Tutti gli altri gli passavano di fianco. Era pazzo o semplicemente eccentrico? Voleva perdere? Che cosa stava aspettando esattamente? Voleva perdere? La risposta era bizzarra ed era racchiusa in uno dei soprannomi di quel ciclista, Cuore Matto, che era anche il titolo di una famosa canzone degli anni settanta cantata da Little Tony. Il ciclista in questione era Franco Bitossi e il suo cuore era matto in senso piuttosto letterale. Negli anni settanta gli erano state diagnosticate delle anomalie nel battito cardiaco. Il suo medico (che grazie a lui diventò famoso) gli consigliò di fermarsi del tutto quando il cuore cominciava a battere troppo in fretta. Come prevedibile, questo avveniva con una certa frequenza durante le gare agonistiche, quando di tanto in tanto la frequenza raggiugngeva i 220 battiti al minuto. La cosa straordinaria è che malgrado questo palese handicap[...] Bitossi godette di una lunga e dignitosa carriera, in un mondo in cui doveva competere con pesi massimi del calibro di Eddy Merckx e Felice Gimondi
 
Franco Bitossi (Carmignano, 1º settembre 1940) è un ex ciclista su strada e ciclocrossista italiano. Professionista dal 1961 al 1978, vinse ventuno tappe al Giro d'Italia e quattro al Tour de France; nel suo palmarès anche due edizioni del Giro di Lombardia, nonché la medaglia d'argento ai campionati del mondo 1972 e quella di bronzo nell'edizione 1977. Era soprannominato "Cuore matto", nomignolo originato da improvvisi attacchi di tachicardia[1] che spesso lo costringevano a fermarsi in corsa. Ebbe tuttavia una carriera di alto livello, tanto nelle corse in linea quanto in quelle a tappe, conseguendo in totale 171 vittorie. Iniziò la carriera di ciclista nel 1957 riportando dieci vittorie nella categoria allievi. Dal 1959 al 1961 corse come dilettante riportando ventuno vittorie; passò professionista nel 1961. Nei primi anni da professionista arrivarono poche vittorie: la prima corsa vinta fu una tappa della Tre Giorni del Sud, con la maglia della Philco, nel 1961. Nei due anni successivi non riuscì quasi mai ad arrivare al traguardo nelle corse disputate in Italia. Lo penalizzarono il carattere fortemente emotivo e la lieve cardiopatia che ne condizionava le prestazioni sportive e lo costrinse molte volte al ritiro. Fu nel 1964 che Bitossi si mise definitivamente in luce. Correndo con la formazione Springoil-Fuchs al Giro d'Italia vinse quattro tappe tra le quali la Cuneo-Pinerolo; per altre quattro volte arrivò secondo cogliendo a Milano la decima posizione nella classifica finale. Per tre anni consecutivi (1964, 1965 e 1966) vinse la "maglia verde" come leader della speciale classifica di miglior scalatore del Giro d'Italia. Nel 1965, ormai stabilmente nelle formazioni nazionali ai mondiali, passò alla squadra pratese Filotex, diretta da Waldemaro Bartolozzi. In quell'anno conseguì la vittoria del Tour de Suisse (con due successi parziali) e del Campionato di Zurigo 1965. Partecipò al Giro d'Italia cogliendo il settimo posto nella classifica finale oltre ad una vittoria di tappa. Il 1966 fu l'anno della definitiva consacrazione: vinse due tappe sia al Giro d'Italia (ottavo nella classifica finale) sia al Tour de France (diciassettesimo nella classifica finale), nonché la Coppa Sabatini. Gli organizzatori di circuiti lo invitano a numerose competizioni e la sua popolarità crebbe anche tra il pubblico europeo.[senza fonte] Nel 1967 vinse la Tirreno-Adriatico, il Giro di Lombardia e la Coppa Agostoni, oltre a cogliere il terzo posto nella Milano-Sanremo. Partecipò inoltre al Giro d'Italia cogliendo il quindicesimo posto nella classifica finale oltre ad una vittoria di tappa. Ormai nella piena maturità agonistica, nel 1968 vinse ancora due tappe sia al Giro d'Italia (nono nella classifica finale) sia al Tour de France dove terminò ottavo nella classifica finale e vinse la classifica a punti (primo italiano ad indossare la maglia verde a Parigi), arrivando anche secondo nella classifica della montagna; inoltre vinse di nuovo il Campionato di Zurigo e la Coppa Sabatini e si aggiudicò anche la Coppa Bernocchi. Ai campionati del mondo di Imola, vinti da Vittorio Adorni, Bitossi dovette ritardare il suo attacco per non disturbare la fuga del suo compagno di squadra; nel finale arrivò quarto. Nel 1969 vinse la classifica a punti al Giro indossando fino al termine la maglia ciclamino e vincendo due tappe. A Milano colse la decima posizione in classifica finale. Nel 1970 fu campione italiano e vinse tra l'altro quattro tappe al Giro (ove fu settimo con nuovamente indosso la maglia ciclamino) e la Vuelta a Catalunya; fu settimo anche al Tour de Suisse, dove vinse due tappe e la classifica a punti. Ricevette alcuni importanti premi: il San Silvestro d'oro, il Cougnet ed il Tuttosport. Confermò il titolo di campione italiano anche nel 1971, vincendo la prova unica al Gran Premio Industria e Commercio di Prato. Vinse nuovamente il Giro di Lombardia.

                  Il mondiale di Gap e la "seconda giovinezza
Nel 1972 Bitossi fu protagonista dello sfortunato epilogo dei campionati del mondo a Gap, in Francia. Nei chilometri finali era in testa alla corsa con altri sei corridori: Michele Dancelli, Marino Basso, Eddy Merckx, Cyrille Guimard, Joop Zoetemelk e Leif Mortensen. Gli italiani controllavano la gara, essendo Dancelli e Basso i due migliori velocisti del lotto. A quattro chilometri dall'arrivo, il francese Guimard provò una fuga e Bitossi lo seguì per marcarlo, visto che Guimard era pericoloso e veloce. Vedendo che Bitossi non collaborava alla fuga, Guimard rallentò.
In una intervista Bitossi ha poi ricordato quel momento: «Ero fresco perché stavo alla ruota del francese. Ho pensato: Merckx è un amico di Guimard e non si sta dannando per inseguirlo. Dancelli e Basso sono italiani e quindi non stanno inseguendo. Guimard è stanco. Solo Zoetemelk e Mortensen potrebbero opporsi, ma sono in minoranza».Così Bitossi scattò e si sbarazzò facilmente di Guimard. A 1 300 metri dall'arrivo, il corridore azzurro si voltò e vide il gruppetto a 300 metri. Lungo il rettilineo finale in leggera salita Zoetemelk, Guimard e Merckx lanciarono l'inseguimento, Bitossi si voltò a ripetizione e cambiò più volte rapporto nel tentativo di trovare la cadenza giusta, mentre il vento contrario ne rallentava ulteriormente la marcia. Fu raggiunto proprio sul traguardo dal gruppo guidato dall'azzurro Basso, che lo superò sulla linea lasciandogli la medaglia d'argento.
Nel 1973, ormai trentatreenne, lasciò la Filotex per approdare alla Sammontana, ma le vittorie non erano finite ed il ciclista toscano fu protagonista vincendo quell'anno i Giri del Veneto e dell'Emilia. L'anno successivo venne ingaggiato dalla Scic, con la quale partecipò per la prima volta alle classiche del Nord, dove non sfigurò cogliendo qualche piazzamento. Tornò a partecipare alle corse a tappe: vinse quattro tappe al Tour de Suisse e tre al Giro d'Italia, dove si piazzò al nono posto e colse il secondo posto nella classifica a punti.
Nel 1976 con la squadra Zonca-Santini tornò a vincere il campionato italiano e una tappa al Giro ed alla Parigi-Nizza. Nell'anno seguente cambiò ancora squadra, approdando alla Vibor, con la quale vinse il Gran Premio Città di Camaiore ed alcune competizioni minori. Esordì nel ciclocross, cogliendo un'affermazione nei campionati italiani. Nello stesso anno, convocato ancora in Nazionale, Bitossi conquistò la medaglia di bronzo ai mondiali di San Cristóbal, in Venezuela. Chiuse la stagione con un terzo posto al Giro di Lombardia.Bitossi terminò la sua carriera nel 1978 dopo la stagione con la Gis Gelati, durante la quale vinse ancora due gare riconfermando inoltre il titolo di campione italiano nel ciclocross.  
                          

domenica 22 luglio 2012

Accadde a PRATO 28 luglio 1312 - Musciattino il furto della SACRA CINTOLA

Sono passati 700 anni da quella famosa notte quando Musciattino tentò di sottrarre la Sacra Cintola ai pratesi

«Aprite Pistoiesi, ecco la Cintola de’ Pratesi». Chi non conosce il grido di Musciattino davanti alle immaginarie porte di Pistoia?  

Quella frase fa parte dell’immaginario collettivo dei pratesi, dice la storia e l’identità di un popolo, costruite intorno alla reliquia della Cintura di Maria. Fu proprio tra il 27 e il 28 luglio del 1312 che Giovanni di Ser Landetto da Pistoia, chierico secolare ribattezzato con lo strano nomignolo di Musciattino, tentò di sottrarre ai pratesi la Cintola della Madonna. È il più famoso tentativo di furto che la storia cittadina ricordi. E proprio in questa data, il 28 di luglio appunto, quasi a voler riparare nei secoli quell’atto sacrilego, la Chiesa di Prato festeggia la Madonna sotto il titolo proprio «Del Sacro Cingolo». Se famosa è la storia di Musciattino, poco lo è questa festa. I pratesi infatti da secoli si stringono intorno alla «loro» Madonna e alla loro reliquia in cinque date all’anno: Pasqua, primo maggio, Assunta, 8 settembre e Natale. Ma la festa più cara è quella di settembre, in cui la Chiesa ricorda la Natività di Maria. Eppure il calendario liturgico della nostra Diocesi ha una festa «propria» della Madonna del Sacro Cingolo - il 28 luglio appunto – effigiata nella statua capolavoro di Giovanni Pisano (1301 circa).

 Come narra la tradizione, quella notte di sette secoli anni fa, Giovanni di ser Landetto da Pistoia, un chierico secolare detto anche Musciattino, tentò di sottrarre ai pratesi la Cintola della Madonna per portarla nella vicina città rivale. Ma qualcosa andò storto, la storia dice che il ladro divenne improvvisamente cieco, probabilmente punito per il vile furto, e così continuò a vagare per le navate della pieve di Santo Stefano, oggi duomo di Prato. Musciattino credette di essere arrivato davanti alle mura di Pistoia, e invece si mise a bussare al portone della chiesa. Il ladro fu acciuffato e punito in modo esemplare: gli furono tagliate le mani, fu legato alla coda di un asino, condotto sul Bisenzio e qui bruciato. Sullo stipite di una delle porte laterali del Duomo (quella presso l’angolo formato dal campanile) si dice sia rimasta, a estrema testimonianza, l’impronta della sua mano sacrilega.



sabato 21 luglio 2012

VITA NUOVA opera letteraria di DANTE ALIGHIERI completa anno 1292

La Vita nuova è stata la prima opera di Dante Alighieri, un lavoro giovanile steso tra il 1292 e il 1293 che si compone di 35 poesie e 42 brani in prosa. Rappresenta quella parte del memoriale di Dante che segna l'inizio di un genere letterario: quello che espone la storia personale dell'autore e la raccontata in lingua volgare e senza l'intermediazione di un protagonista o di un narratore fittizio. Il titolo sta a significare la vita “rinnovata”, illuminata dall'amore. Si tratta dunque della giovinezza, di quella parte della storia personale di Dante illuminata dall'amore per la meravigliosa Beatrice (Bice di Folco Portinari, sposa di Simone De Bardi) e della rivelazione primordiale che quest'amore gli ha provocato nel fiore della sua adolescenza. Non ha ancora compiuto nove anni quand'egli scorge colei che amerà per l'eternità e che, a sua volta, non è che una bimba di otto anni. Occorre precisare subito che Dante non incontrerà Beatrice che due volte: una prima volta a nove anni e poi soltanto nove anni più tardi, nel mutismo più ostinato della fanciulla e con gli ostacoli invalicabili che si frappongono tra i due. Non c'è mai alcun rapporto né dialogo tra loro. Unico scambio è «il saluto dolcissimo» che Beatrice invia a Dante quand'egli ha 18 anni e che gli provoca la visione dei «confini della beatitudine». In seguito a questo incontro Dante fa un sogno misterioso, descritto nei colori di un surrealismo ante litteram e la sua passione cresce a tal punto da preoccupare alcuni degli amici che gli sono più vicini e risvegliarne la curiosità

Il SACCO DI PRATO 28 agosto 1512 il racconto

Il SACCO DI PRATO 28 agosto del 1512 nel 500° anniversario trovo interessante pubblicare un riassuntivo di questo libro che ne narra i fatti,e' come vivere in prima persona l'atmosfera tragica che c'era in citta,'un bel racconto attraverso gli occhi e le testomonianze di due giovani pratesi innamorati Duccio e Lucia,l'autrice dell'opera a cui vanno tutti i miei piu' sentiti ringraziamenti e' la signora VALERIA TOZZINI CELLAI

venerdì 20 luglio 2012

Rocco Montana SanremoStory Biografia

                                                                                                                                                        festival/biografie/rocco-montana/  Lino nasce a casale di Prato in un’umile famiglia, il padre Ulderigo faceva il doppio mestiere di sarto e barbiere, composta da 5 fratelli. In gioventù Lino Bartolini era stato un ottimo ciclista nei dilettanti vincendo addirittura 11 gare. Ricordato per aver fatto parte della corrente stilistica degli urlatori, è morto in un incidente stradale all’età di trentasette anni. Da menzionare che Lino Bartolini era fratello di Lando Bartolini tenore di fama internazionale..
Aveva iniziato la carriera di cantante a fine anni cinquanta con il nome di Tony Montana (lo stesso del protagonista del film di Brian De Palma Scarface). Con questo pseudonimo ha inciso una decina di dischi a 45 giri per l’etichetta Republic: Pupa bionda, ‘ ‘Sono un bel ragazzo, Ti chiami amor, Ti guardo, Via con te, Tu lo sai. Nel 1960 era passato alla casa discografica CGD cambiando il nome d’arte in quello di Rocco Montana. La notorietà gli derivò dalla partecipazione al festival di Sanremo 1962, dove raggiunse la finale con la canzone Inventiamo la vita, di Vittorio Mascheroni e Testoni, cantata in coppia con Nunzio Gallo. Sempre per la CGD Montana ha inciso poi altre canzoni di successo quali La Novia (cantata anche da Tony Dallara), della quale fece una cover in lingua inglese (The Wedding), Tu che mi fai piangere, Cannibale d’amore, Someday, Addio piccolina, A mezza strada, Mantiglia, Bambina mia. Passato a fine 1963 alla casa discografica Meazzi, ha inciso altri dischi: Notte di Carnevale, Ritornerò da te, vorrei piangere,sentieri blu . Risale a questo periodo la fondazione di un proprio gruppo musicale chiamato I Cattuboli, con cui ha pubblicato per la Sonor Ora lo sai, Il ballo dei Cattuboli, Perché piangi questa sera , Grazie Cortina , Tu mi dici, oltre lo standard Jezebel. Nel 1966, quando con l’arrivo della british invasion e l’esplosione del fenomeno Beatles cominciava ad imperare lo stile della musica beat, la corrente degli urlatori iniziava a smorzare la propria spinta innovativa: Montana aveva cambiato il nome del gruppo in Rocco e i suoi Arlecchini adottando un nuovo look e adeguando il proprio stile a quello che caratterizzerà poi i restanti anni sessanta. All’interno del panorama della musica leggera non è stato una stella di prima grandezza ma è ugualmente ricordato come un professionista preparato impegnato in un’era che, musicalmente (ma non solo), ha fatto epoca                                                                                                                                                                                                                                                                                 .                                

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